WELFARE AZIENDALE
Il termine welfare deriva dalla locuzione verbale “(to) fare well”, espressione equivalente all’italiano “benessere”. Il welfare aziendale in linea generale, tuttavia, può essere inteso come un insieme di azioni finalizzate al miglioramento del benessere di ogni singolo lavoratore, attraverso l’erogazione di beni e servizi che sono esclusi dal reddito di lavoro dipendente.
Tale strumento sta assumendo sempre più rilevanza poiché i grandi mutamenti riscontrati negli ultimi anni nel mondo del lavoro hanno comportato un considerevole cambiamento delle relazioni industriali e delle politiche di welfare del nostro paese. In tale contesto sono state conferite prerogative sempre più rilevanti alla contrattazione collettiva decentrata, a cui è stato attribuito il compito di rispondere, in modo efficiente ed efficace, alle esigenze delle aziende e dei lavoratori. Grande impulso in tal senso è stato dato dal legislatore sia con la Legge n. 208/2015, che ha introdotto la disciplina riguardante i premi di risultato, sia con interventi mirati ad estendere il campo di applicazione oggettivo della disciplina di cui all’art. 51 del D.P.R. n. 917/1986 nella parte inerente agli elementi che attengono a retribuzioni non monetarie espresse in beni e servizi che, in tutto o in parte, non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente.
Le imprese italiane stanno investendo sempre più nel welfare aziendale allo scopo di fidelizzare i dipendenti in azienda, aumentare la produttività e rispettare il principio della sostenibilità.
Tale strumento è altresì utilizzato per:
✓ ridurre la conflittualità
✓ migliorare il clima lavorativo aziendale
✓ diminuire il turn over e l’assenteismo dei lavoratori in azienda.
Ai fini della diffusione della cultura del welfare anche la contrattazione collettiva nazionale sta ricoprendo un ruolo molto importante.
Il rinnovo del CCNL Metalmeccanici, seguito successivamente da altri settori come Telecomunicazioni, Orafi, Cooperative, ITC, CED, professionisti digitali ha dato un’ulteriore spinta all’utilizzo di tale strumento da parte dei lavoratori.
L’efficacia di tali iniziative aumenterà ulteriormente solo se i lavoratori impareranno ad apprezzare il reale valore dei servizi ricevuti, senza ricondurli necessariamente al mero aspetto economico. Il tutto è subordinato non solo alla corretta applicazione delle singole misure, ma all’ambiente organizzativo e di relazioni in cui si collocano, alla fiducia che viene ad instaurarsi tra le parti.
Posti gli innumerevoli vantaggi che derivano dall’utilizzo del welfare aziendale, primo fra tutti l’aumento del potere di acquisto reale del dipendente che non incide sul costo del lavoro riferito all’azienda, le frontiere del welfare sono mutevoli ed in continua evoluzione. In particolare, sta rivestendo un ruolo sempre più importante la previdenza complementare
A tal proposito si rammenta che in base alla disciplina di cui all’art. 51, comma 2, lett. h) del TUIR, i contributi alla previdenza complementare rientrano a pieno titolo fra gli oneri fiscalmente deducibili ai sensi dell’articolo 10, lettera e-bis) del TUIR e pertanto non concorrono alla formazione del reddito imponibile.
Altro strumento molto apprezzato è rappresentato dall’assistenza sanitaria. Il welfare sanitario privato, attraverso l’assistenza sanitaria integrativa, fornisce una copertura, integrale o parziale, delle spese sostenute nei più disparati ambiti di intervento (check up, interventi, monitoraggio) e viene erogato tramite due tipologie di enti, fondi sanitari integrativi e casse di assistenza sanitaria. Un’ulteriore possibilità è rappresentata da quanto previsto all’art. 51, c. 2, del TUIR, lettera f-quater, secondo cui contributi e premi versati dal datore di lavoro a favore della generalità o categorie di dipendenti per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana o aventi ad oggetto il rischio di gravi patologie non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente o assimilato. In ragione di tale disciplina non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente i contributi e i premi versati per le polizze cc.dd. “Long Term Care” e “Dread Disease”. Sono riconducibili alla prima tipologia, le polizze dirette a garantire una copertura assicurativa per stati di non autosufficienza del dipendente, che richiedono generalmente il sostenimento di spese per lunga degenza. Appartengono, invece, alla seconda categoria (Dread Disease) le polizze dirette a garantire una copertura assicurativa contro il rischio di insorgenza di malattie particolarmente gravi, malattie professionali per le quali è obbligatoria la denuncia all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, ex art. 139 del D.P.R. 1121/1965 (con elenco pubblicato con D.M. 18 aprile 1973 e successivamente aggiornato da ultimo con il D.M. 10 giugno 2014).
All’interno dei piani di welfare si possono inoltre prevedere delle componenti che non riguardano prettamente la sfera economica, in quanto attengono alla parte organizzativa del lavoro e sono volte a sostenere i lavoratori nella ricerca e nel mantenimento del work-life balance. Con tale termine si intende un concetto ampio che indica la capacità di bilanciare in modo equilibrato il lavoro, inteso come la carriera e le ambizioni professionali, e la vita privata, ovvero la famiglia, lo svago e più in generale il tempo libero. In tal senso gli accorgimenti in favore dei lavoratori possono essere molteplici. Ad esempio, le imprese possono prevedere forme di smart working, così come disciplinato dalla Legge n. 81/2017, oppure l’utilizzo dello strumento della banca ore o della flessibilità dell’orario di lavoro (attraverso quindi una maggiore elasticità in entrata e in uscita) o servizi mirati al soddisfacimento delle esigenze delle lavoratrici madri. Fermo restando che non esiste un modello uguale per tutti, né tantomeno un modello giusto o sbagliato, risulta fondamentale prendere in considerazione le necessità delle risorse umane che svolgono la loro attività all’interno dell’azienda. A tale scopo è importante monitorare i bisogni dei propri dipendenti, raccogliendo suggerimenti anche in merito al miglioramento del contesto organizzativo aziendale. Pertanto, con le giuste accortezze, ottimizzando i tempi di lavoro ed aumentando il benessere dei propri dipendenti, le imprese otterranno molteplici vantaggi senza necessariamente aumentare i costi riferiti al personale dipendente e nel contempo i lavoratori saranno messi nelle migliori condizioni possibili per riuscire a conciliare le loro aspirazioni professionali con quelle che sono le necessità correlate alla loro vita privata.
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